top of page

Il pensiero e la mano morta

È di qualche giorno fa la notizia che in Svezia il ministro dell’istruzione Carlotta Edholm sta prendendo provvedimenti per reintrodurre l’uso della penna e dei libri cartacei al posto dei tablet. Infatti si ritiene che il basso livello di apprendimento riscontrato nelle scuole sia da mettere in relazione all’uso massiccio delle tecnologie. Da qui, quindi, il ritorno alle abilità manuali.



Proprio in questi giorni stavo riflettendo su quanto aver goduto di un’infanzia senza molti “giocattoli”, mi ha permesso di sviluppare le mie abilità creative.

D’altra parte è risaputo che, per esempio, il disegno è ciò che da piccoli ci aiuta a crescere. Infatti, gli educatori lo considerano un’attività creativa fondamentale per il corretto sviluppo cognitivo e per l’affinamento delle abilità manuali. Ma non solo. Da sempre l’arte, infatti, viene considerata anche un ponte tra il nostro vissuto interiore e il mondo esterno: sul foglio di carta, insieme alle forme e ai colori, i bambini riversano emozioni, sensazioni e rappresentazioni che difficilmente potrebbero raccontare.

Mettere in mano ai bambini, soprattutto quelli più piccoli, tablet o smartphone riduce moltissimo la loro capacità di utilizzare le mani e, da qui, di avere un sano sviluppo cognitivo.

Forse sarà per questo che a me i bambini di oggi mi paiono particolarmente tonti.

Non a caso è il pollice opponibile uno degli elementi chiave nell’evoluzione della nostra specie. Banalizzando la cosa, si potrebbe affermare che da bambini è l’uso massiccio delle mani che affina il cervello.

Tra l’altro, c’è anche chi sostiene che lo “sfarfallio” dei monitor limiti molto anche la nostra capacità mnemonica, cioè i caratteri impressi su un foglio di carta e quindi “fissi” abbiano la caratteristica di rimanere più impressi nella nostra mente.

Detto questo, e cioè che l’utilizzo massivo delle tecnologie nell’età evolutiva possa avere un impatto negativo sia dal punto di vista cognitivo sia da quello educativo, aggiungo anche e ultimamente si fa un gran parlare della necessità che l’Italia si riappropri delle capacità artigianali che aveva fatto del nostro Paese un’eccellenza del mondo.

L’artigianato è fatto al 99% di abilità manuale, che si costruisce con anni e anni di attività sul campo. Se impoveriamo i bambini proprio di queste abilità, come possiamo pretendere che svolgano AL MEGLIO professioni alla cui base ci sta’ la manualità?

Non vedete come le azioni dei governanti vadano in una direzione diametralmente opposta alle dichiarazioni?

Tra l’altro, riflettevo anche sul fatto che una volta l’acquisizione delle abilità manuali delle professioni si innescavano quando eri molto giovane.

Se eri figlio di un falegname, eri portato fin dalla più tenera età a frequentare la bottega di papà e, guardando e sperimentando, venivi introdotto nel mondo del lavoro.

Questo avveniva senza che nessuno si strappasse le vesti o gridasse allo sfruttamento giovanile, ne tantomeno che tuo padre venisse multato perché non aveva attivato l’assicurazione INAIL o ti pagasse i contributi.

Tutti i bambini, anche solo per emulazione, erano portati a conoscere e sperimentare i lavori dei grandi, senza che nessuno avesse da ridire, anzi: quando diventavi adulto avevi già un buon bagaglio di competenze da mettere su piatto. I bambini imitavamo i gesti dei genitori, davano una mano alle attività familiari, acquisendo esperienza, maturità e consapevolezza.

Ora noi siamo in una fase in cui i bambini quasi non sanno tenere in mano una matita, alcuni hanno una manualità talmente scarsa da incidere il foglio, non sanno tenere in mano le squadre e i compassi. Addirittura, molti escono dalle righe quando devono colorare.

Moltissimi sono svogliati, ritenendo l’apprendimento una “cosa noiosa”!

E i multi-laureati che sanno tutto, che cosa dicono?

PS: ma in Svezia non dovevano essere tutti morti?

2 visualizzazioni0 commenti
bottom of page