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Sopravvivere: a che prezzo. "Il Pianeta di Red – Il Viaggio", raccontato dall’autore


il pianeta di Red - Il Viaggio - romanzo di fantascienza
il pianeta di Red - Il Viaggio

Questo romanzo, e i due che seguiranno e ne formeranno la trilogia, riflettono sul tema della sopravvivenza e sulle sue conseguenze. Perché la morte e l'estinzione (non solo del singolo individuo, ma anche di intere specie) hanno sempre accompagnato lo sviluppo della vita su questo pianeta.

A me, però, interessava affrontare specificatamente su «cosa siamo disposti a rinunciare per sopravvivere». Se ci sono limiti che vogliamo imporci oppure no. E poi, quali saranno le conseguenze fisiche e soprattutto psichiche di una persona costretta “a sopravvivere”?


I livelli di lettura e le linee narrative sono molteplici. C'è il tema della diversità, che può isolare oppure unire. Si parla anche del futuro dell’«uomo» e cosa sarà considerato umano. E c'è anche l'amore, certo, ma con la consapevolezza che questo sentimento così complicato può anche essere terribilmente autodistruttivo.

Al centro di tutto, poi, c'è la Terra, il pianeta su cui viviamo, così pieno di risorse e di vita, capace di esistere con e senza l'uomo.

Insomma, senza esagerare, è un testo che pone sotto i riflettori molti spunti, alcuni semplici, altri più complessi, inseriti in contesto post-apocalittico che ci invita a riflettere.

Se ti interessa il tema oppure sei semplicemente curioso, trovi il volume presso Mondadori Bookstore di Cinisello Balsamo (Via Frova 3) e chiedi di Lucia. Oppure acquistalo online cliccando su questo link.

La diversità: croce o valore aggiunto?

Cosa sarà considerato ‘umano’ nel futuro? A tutti pare chiaro ormai che l’uomo del futuro sarà una specie totalmente nuova: non sarà un robot, ma sarà dotato di un chip cerebrale; non sarà un computer, ma il suo potere di calcolo e di memoria gli permetteranno di acquisire e gestire un’infinità di informazioni. Non sarà un cyborg, ma le parti del suo corpo saranno sostituibili.

L’uomo del futuro avrà ancora dei sentimenti, ma potrà anche scegliere di non utilizzarli.

L’uomo del futuro sarà un ibrido.

Ma come saranno accolte queste nuove forme di vita? Con indifferenza, ostilità, rigetto oppure verranno accettate. Verranno venerate come dei o perseguitati come demoni? Quali effetti sulla mente e sul subconscio avrà questa pratica? Ma soprattutto: sarà giusto scegliere questa strada?

Considerandomi io stessa un ibrido, mi sono posta questo interrogativo. Perché per loro natura la scienza e la tecnologia non conoscono confini e considerano ogni limite (etico, religioso o sociale) come un ostacolo da superare.

Già sappiamo che la medicina del futuro non si limiterà più di curare o prevenire le malattie, ma sarà in grado di potenziare le capacità fisiologiche del corpo e i suoi limiti. Occorrerà immaginare quale significato daremo in futuro all’identità umana e forse ripensarla totalmente e stare attenti a non credere che tutto sia accettabile.

Ma sarà proprio la colonizzazione spaziale a rappresentare una spinta in più per avviare le sperimentazioni d’ibridazione uomo-macchina.


L’autore, il protagonista e la musica

Alcuni capitoli iniziano con un versetto di brani che hanno fatto parte della mia vita. Sono un’estimatrice della canzone cantautoriale degli anni ’70 che ha avuto un impatto notevole sul mio modo di pensare. Ma questi brani sono anche ciò che collega Red alla Terra e alle sue emozioni. La protagonista o il protagonista, poco importa per un emby, ha al suo interno un cordone ombelicale informatico che lo collega ad altre persone, vissute prima di lei e sopravvissute al cataclisma nucleare che ha spazzato via la gran parte dell’umanità e della civiltà. Nulla si perde per sempre e sarà proprio la musica a creare un fil rouge unico e indelebile.


La prefazione

Questo libro, il primo di tre, deve molto ai miei racconti di gioventù. Come dicevo nella premessa de Il Viaggio degli Insoliti, i cassetti del mio comodino e gli altri adiacenti hanno custodito moltissimi degli scarabocchi della Stefania adolescente.

Ma questa storia è anche un po’ figlia della Pandemia. Non tanto perché è stata ripresa e rivista durante il lockdown 2020, ma perché ho riflettuto molto su quello che mi interessava dire. In virtù anche dell’eredità che ci ha lasciato questo tremendo periodo.

Questo periodo oscuro.


In quel periodo, una delle mie prime domande è stata proprio: fino a cosa siamo disposti a rinunciare per sopravvivere?

Premetto: sono un’estimatrice della scienza e tendo ad ammirare il progresso, più che a demonizzarlo.

Ma lo abbiamo visto. Tutti si sono accorti di cosa abbiamo lasciato andare; come se nulla fosse, abbiamo rinunciato all’economia, al lavoro, alla vita e alla libertà. Infine, alla verità. Colmi di quell’ardore di mostrarci disposti a tutto pur di sopravvivere, compresi gli ideali più profondi e che pensavamo intoccabili, abbiamo rinunciato anche ad essere uomini.

Evidentemente quegli ideali non erano poi così intoccabili e ci abbiamo rinunciato senza battere ciglio.

E in virtù di questo, abbiamo persino accettato di dare il via a un’ulteriore evoluzione della nostra specie.

Anzi. A una rivoluzione di specie.


Da qui la seconda domanda: chi e come sarà l’uomo nel prossimo futuro? E, in questo futuro, cosa sarà considerato umano?

Pare ormai chiaro a tutti che l’uomo del futuro (anche se oggi è più vicino di quanto non avessi mai immaginato) sarà una specie totalmente nuova: non sarà un robot, ma sarà dotato di un chip cerebrale; non sarà un computer, ma il suo potere di calcolo e di memoria gli permetteranno di acquisire e gestire un’infinità di informazioni. Non sarà un cyborg, ma le parti del suo corpo saranno sostituibili.

L’uomo del futuro avrà ancora dei sentimenti, ma potrà anche scegliere di non utilizzarli.

L’uomo del futuro sarà un ibrido.


Il transumanesimo è il nuovo traguardo della scienza, ovvero la capacità di «offrire un supporto per il miglioramento della condizione umana attraverso tecnologie di miglioramento della vita, come l'eliminazione dell'invecchiamento e il potenziamento delle capacità intellettuali, fisiche o fisiologiche dell'uomo». Così dichiarano Aubrey de Grey, ricercatore biochimico, e Larry Page, cofondatore di Google.


Infine, veniamo alla terza domanda: come saranno accolte queste nuove forme di vita? Con indifferenza, ostilità, rigetto? Oppure verranno accettate. Verranno venerate come dei o perseguitate come demoni? E quali effetti sulla mente e sul subconscio dell’uomo avrà questa pratica?

Ma soprattutto: sarà giusto scegliere questa strada?


Considerandomi io stessa un ibrido, mi sono posta questo interrogativo. Perché per loro natura la scienza e la tecnologia non conoscono confini e considerano ogni limite (etico, religioso o sociale) come un ostacolo da superare.

Già sappiamo che la medicina del futuro non si limiterà più di curare o prevenire le malattie, ma sarà in grado di potenziare le capacità fisiologiche del corpo e i suoi limiti.

Questo è auspicabile o no?

Occorrerà immaginare quale significato daremo all’identità umana e forse ripensarla totalmente. Ma bisogna stare attenti a non credere che tutto sia accettabile.

Perché se prima l’uomo era teso a trovare un senso alla vita perché la vita aveva una certezza della fine, il rischio di una vita senza la morte, potrebbe aprire le porte a una religione dell’immortalità a portata di mano di uomini pronti a tutto.

Oggi abbiamo già la religione della scienza.


E sarà proprio la colonizzazione spaziale a rappresentare una spinta in più per avviare le sperimentazioni d’ibridazione uomo-macchina.


Il Writer

Stefania nasce a Milano nell’anno in cui il movimento giovanile di protesta ha il suo apice: perché è il Sessantotto che probabilmente ha segnato tutta la sua vita.

Designer nell’anima e nella vita, ama sperimentare e mettersi alla prova. Forse è per questo, e per il famoso anno in cui è nata, che non si uniforma a nessun stereotipo, non accetta nessun dogma e non si allinea a nessun preordine.

È una decisionista, piena di difetti (del tutto trascurabili, ndr) e persevera nel dichiarare di avere «ancora quella forza che ti serve quando dici si comincia». Ama la musica cantautoriale scaturita da quegli anni e si vede.

Il pianeta di Red è il primo romanzo, ma non l’unico che ha scritto. Semplicemente è il primo che si è fatto concludere.


Per informazioni: sgpsite.com


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