top of page

Emanuele Trevi, Due vite, Neri Pozza

Le amicizie hanno andamento ondivago, vivono momenti di grande empatia e assonanza, altri di vera e propria distanza; alcune scemano e come un lumicino lentamente si spengono, altre attraverso le crisi si rinsaldano, ché ne traggono materia di confronto e crescita. Certe amicizie, poi, durano quanto la vita stessa e non si interrompono neppure al venir meno di essa, poiché lasciano a chi resta il flebile filo della memoria, in cui rivivono momenti condivisi, sostano oggetti donati e ricevuti, riecheggiano frasi scritte o confidate. È questo che sostanzia la seconda vita di chi non resta, la quale dura quanto la memoria di chi lo ama e ricorda. Accade a chiunque, donna o uomo comune, artista, scrittore o musicista.

E così fa anche Emanuele Trevi in Due vite, Neri Pozza, in cinquina al Premio Strega 2021. La sua è un’opera di sottrazione — all’oblio delle vite di due cari amici, Rocco Carbone e Pia Pera — attraverso la moltiplicazione — dei lettori e, dunque, delle possibili memorie in cui Pera e Carbone possano continuare a vivere.

È una breve anatomia dei rapporti amicali quella confidata al centinaio di pagine — o poco più — del testo. I periodi radiosi della condivisione si alternano ai periodi di lontananza e “distrazione” dalle reciproche esistenze. Oltre a ciò, nella vicenda amicale, si innestano i libri letti e consigliati, lo scambio di manoscritti e traduzioni. Trevi racconta per frammenti, talvolta addirittura flash istantanei, anche le incomprensioni e i limiti reciproci, i fallimenti — quello di Pia Pera con Diario di Lo —, i difetti, talvolta insormontabili — la richiesta di amicizia assoluta ed esclusiva da parte di Carbone —, i propri errori — avere perso alcuni anni della vita di Carbone; non avere compreso le ragioni profonde delle ultime scelte di Pera. Non mancano neppure le seconde occasioni — essere riuscito a recuperare in extremis il rapporto con Carbone; essersi affidato e fidato delle parole dell’ultimo libro dell’amica. C’è tanta scrittura, tanta letteratura in questa biografia comparata dell’amicizia. Ci sono gli scontri, c’è il sostegno nei momenti difficili e peggiori, c’è soprattutto il coraggio di spingersi, grazie all’assenza dei due amici, al confine estremo dell’esistenza, al limes che ciascuno di noi, avanzando nel tempo, inizia a intravedere e a volte ha il coraggio di interrogare, altre invece non riesce. Trevi ci prova, avanza per gradi, partendo da premesse molto concrete e terrene, ma alla fine ci riesce e arriva. E lo fa attraverso questo libro pacato, concreto, sincero che pagina dopo pagina diventa sempre più intenso, intimo, completo, mai retorico o scontato. L’amicizia con Carbone appare più simbiotica — e, dunque, anche conflittuale —, quella con Pia Pera sembra quasi fare da sfondo, ma alla fine si rivela capace di guidare l’autore al varco, ove passare oltre e sfumare, granitica, nella assoluta autonomia e libertà, scelte dalla donna negli ultimi anni, in cui è vissuta a stretto contatto con la natura e si è (con)fusa con essa.

Il finale, intimista e poetico, è quasi impalpabile e acquista quella levità e intensità altrove assenti, perché estranee alla materia, alla vita reale e fisica — la prima —, dotata di gravità per sua stessa costituzione. Non si spaventi il lettore. Si addentri lentamente tra queste vite, indossi pure gli stivali o gli scarponi, giunto alla fine si reggerà sulle punte. E anche questo è un segreto, un dono della scrittura e delle vite racchiuse tra queste pagine.

Flavia Todisco


Autore: Emanuele Trevi

Titolo: Due vite

Editore: Neri Pozza

Anno di pubblicazione: 2020

Consigliato? A chi sa stare sulle punte, anche quando indossa zoccoli o stivali.


bottom of page